calamita/à project a Riaperture

Il progetto CALAMITA/À è uno strumento d’indagine territoriale che attraverso una ricerca programmata, vuole approfondire i mutamenti in corso, generare dibattito, rivelare criticità, attirare interesse e conoscenza attorno a un luogo nodale ancora in via di definizione, la diga del Vajont.

Morfologia del territorio, orografia, infrastrutture, architettura, contesto sociale sono solo alcuni degli ambiti di analisi.
Arte, sociologia, urbanistica e fotografia concorrono alla definizione dell’identità del territorio con un approccio multidisciplinare aperto.

Attraverso una pluralità di visioni CALAMITA/À mira a far sì che il territorio preso in esame diventi un laboratorio e un luogo d’osservazione privilegiato.

CALAMITA/À project è l’evento di Riaperture per iniziare la nuova stagione di appuntamenti a Ferrara dedicati alla fotografia. Dal 29 settembre al 1 ottobre 2017, videoinstallazione a Factory Grisù del progetto. Sabato 30 settembre Gianpaolo Arena e Marina Caneve presentaranno il progetto nell’hangar di Factory Grisù, alle ore 16.00. Ingresso gratuito.

calamita/à project

Videoinstallazione di indagini e ricerche sui territori e la storia del Vajont. Morfologia del territorio, orografia, infrastrutture, architettura, contesto sociale sono gli ambiti di analisi. Arte, sociologia, urbanistica e fotografia concorrono alla definizione dell’identità del territorio.

A cura di Gianpaolo Arena e Marina Caneve

Videoinstallazione
29-30 settembre e 1 ottobre 2017
ore 10.00-22.00
Factory Grisù
Ingresso gratuito

Presentazione del progetto
sabato 30 settembre 2017
ore 16.00
Factory Grisù
con Gianpaolo Arena e Marina Caneve

In collaborazione con ANT

Un eterno presente

Il 1963 è un anno cruciale per una lunga serie di avvenimenti geopolitici internazionali.

A Dallas muore assassinato John Fitzgerald Kennedy, il Presidente che stava cercando di cambiare la storia degli Stati Uniti d’America e quella dell’Occidente. Martin Luther King, in occasione della marcia per il lavoro e la libertà, pronuncia il celebre discorso al Lincoln Memorial di Washington. In Vietnam, i monaci buddisti si danno fuoco per protestare contro i tragici avvenimenti di una guerra che sta diventando sempre più drammatica. Il 4 ottobre l’Uragano Flora si abbatte su Cuba e Hispaniola, uccidendo quasi 7000 persone.

In Italia, il miracolo economico e la cultura pop hanno trasformato la vita dei cittadini. Francesco Rosi riceve il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia per “Le mani sulla città”. Il lungometraggio è uno straordinario atto d’accusa sulle collisioni esistenti tra diversi organi dello Stato e speculazione edilizia, in un paese afflitto da una forma di continua e progressiva “metastasi cementizia”.

Il 9 Ottobre 1963 alle 22h39 il Monte Toc frana nel bacino artificiale della diga del Vajont.

Abitiamo un mondo in cui il futuro promette infinite possibilità e il passato è irrimediabilmente dietro di noi. La freccia del tempo… è lo strumento della creatività in cui la vita può essere compresa.

Peter Coveney e Roger Highfield

Nomen Omen è una locuzione latina che, tradotta letteralmente, significa “il nome è un presagio” e deriva dalla credenza dei Romani secondo cui nel nome era indicato il destino delle persone e delle cose. La montagna su cui è ancorata la diga del Vajont, tuttora integra e stabile, porta il nome di Monte Toc, ovvero monte marcio, putrido, franoso. Lo stesso nome del Vajont ha oggi acquisito un’accezione e un valore catastrofici nella coscienza collettiva.

Vajont, in origine, era la valle attraversata dall’omonimo torrente, prima che la catastrofe innescata in potenza con trent’anni di anticipo, poi manifestatasi violentemente la notte del 9 ottobre 1963, rendesse tristemente noto questo luogo.

“Il Grande Vajont” ha invece nel suo nome il manifesto programmatico dell’ambizioso progetto che avrebbe dovuto sfruttare le riserve di acqua delle Dolomiti per servirsi dell’energia gravitazionale sotto forma di potenza idrica e rifornire così di elettricità Venezia e il Triveneto. Nel 1940 la SADE, Società Adriatica di Elettricità, diventata poi Enel, avanza una richiesta di autorizzazione per la costruzione di una grande diga, all’epoca la più alta del mondo, che è poi diventata lo scenario e il monumento della gestione del potere e della vergogna della politica. La diga ha retto perfettamente alla violenza del crollo della montagna nell’invaso del Vajont. Dove l’onda distruttiva è passata, nulla è rimasto integro. I morti accertati sono 1917.

Dal 1963 a oggi, sono passati molti anni, si sono svolti numerosi processi e sono state avviate ricostruzioni urbanistiche controverse, ma la ferita è dolente. Nella nostra opinione è determinante continuare a parlarne ancora nel 2016, in un momento storico in cui lo sfruttamento energetico del territorio e la sua salvaguardia non sempre sono attuati con gli stessi strumenti. Le analogie con il presente sono molto evidenti e si ripetono anche negli eterni conflitti di interessi, nella corruzione degli apparati di controllo, nella privatizzazione dei profitti e nella socializzazione delle perdite. Il nefasto caso del Vajont appare a tutti gli effetti come una delle vicende cardine del ‘900 italiano, un buco nero di senso e di significato in cui è ancora facile cadere. Un simbolo dell’Italia contemporanea.

In questo contesto, il progetto CALAMITA/À nasce dall’urgenza di investigare il territorio in cui l’evento catastrofico ha alterato ogni equilibrio, spezzato la corretta e ordinata linea della scansione temporale e frammentato i luoghi, le storie e le vite. Il presente a volte è indifferente e disattento, malgrado questo ci teniamo in vita meditando sul cumulo delle tradizioni e dei ricordi che conserviamo nel cuore. In molti hanno cercato con fatica di dare una forma allo scorrere del tempo. In un certo modo, è come se l’onda avesse trascinato via con sé il passato e il futuro di una comunità di persone. Il tempo si è cristallizzato in un eterno presente.

Il progetto CALAMITA/À agisce sul territorio in maniera interdisciplinare esplorando attraverso l’interazione tra i lavori degli autori le molteplici sfaccettature di un unica vicenda, emblematica e rappresentativa del ‘900 italiano.

Fotografia: Andrea Alessio, Gianpaolo Arena, Sergio Camplone, Marina Caneve, Céline Clanet, Scott Connarroe, François Deladerriere, Marco Lachi, Michela Palermo, Gabriele Rossi, Petra Stavast, Jan Stradtman, Cyrille Weiner & Giaime Meloni, WOM – Max Rommel & Marissa Morelli, Zuijderwijk/Vergouwe

Musica: Valerio Cosi, Enrico Coniglio, Gianluca Favaron & Stefano Gentile, Enrico Malatesta

Video: Mauro Sambo, Tommaso Perfetti, WOM – Max Rommel & Marissa Morelli

Urbanistica: Latitude Platform

Geologia: Emiliano Oddone

Antropologia: Olivia Casagrande

Poesia: Giovanna Frene

Archivi: Carlo Pradella, SACAIM, Giuseppe Francesco Bernardi

Gianpaolo Arena

Architetto, curatore e fotografo, sviluppa progetti di ricerca su tematiche ambientali, documentarie e sociali. L’interesse per la rappresentazione architettonica ha orientato la sua attenzione verso la fotografia di architettura, il paesaggio urbano, l’uso della fotografia come indagine del territorio antropizzato, le relazioni sulle molteplici identità che appartengono e caratterizzano luoghi e persone. Una parte importante della sua ricerca fotografica si sviluppa sul paesaggio modificato nelle diverse realtà aziendali, nei siti industriali e nel mondo del lavoro.

Dal 2010 è editore del magazine di fotografia contemporanea internazionale “Landscape Stories” con cui coordina campagne fotografiche sul territorio, workshops (Massimo Siragusa, Bruno Ceschel-SP, BH, Raimond Wouda, Valerio Spada, Francesco Jodice, Simon Roberts, Vincenzo Castella, Tre Terzi, Andreas Weinand, Domingo Milella, Doug DuBois, Antonio Biasiucci, Hans-Christian Schink, Andrew Phelps) progetti editoriali (Adolescence book, Gianluca Perrone “Balere”, Joël Tettamanti “Works 2001-2019”, Raimond Wouda, Céline Clanet, Jan Stradtmann “1 km”) ed espositivi (Photissima Festival Torino, 2012. Sifest 2014. 21er Haus, Vienna, 2014. Massimo Siragusa, Roma, 2015. Youth Codes, Karen Knorr & Olivier Richon e Andreas Weinand, Galleria Materia, Roma, 2016. Raimond Wouda, Céline Clanet, Jan Stradtmann “1 km”, Ca’ dei Ricchi, Treviso, 2017).

Dal 2013 è curatore del progetto CALAMITA/À, una piattaforma di indagini e ricerche sui territori del Vajont, di cui è stato pubblicato il libro ‘The Walking Mountain’, 2016. Numerose le mostre collettive curate in Italia e all’estero (Sifest, Savignano sul Rubicone (FC), 2014. Alt. + 1000, Rossinière, Switzerland, 2015. Festival Circulations, Parigi, 2016. Galleria Materia, Roma, 2016). Il suo ultimo progetto “My Vietnam” è stato presentato al festival fotografico F4_un’idea di fotografia, Villa Brandolini, Pieve di Soligo, TV nel 2013, a Padova Fotografia Festival nel 2014, alla Galleria Anteprima d’Arte Contemporanea, Roma, nel 2014, al Fotografia Festival di Roma nel 2014 e al Bitume Photofest, Gallipoli, nel 2015. Nel 2013 ha partecipato alla X Biennale di Architettura di São Paulo, Brazil con lo studio Latitude Platform. Curatore di Undercover su Urbanistica.

Tra le recenti esperienze professionali nel 2017 è curatore dell’intervista e del testo introduttivo al libro di Carlos Casas ‘Vespers & Madrigals’ A+M BOOKSTORE per Cavallino-Treporti Fotografia/Villaggio Globale International. Nel 2016 è curatore artistico del progetto ‘1 km’, libro e mostra, in collaborazione con Altevie Technologies e i fotografi Raimond Wouda, Céline Clanet, Jan Stradtmann. Nel 2017 e nel 2016 è giurato al Photogrvphy Magazine Grant, nel 2015 al ‘Photobook Award’ a Melbourne e a ‘On Landscape Project’, Matèria a Roma. Dal 2014 è tra i giurati del premio Nascimben a Treviso. Nel 2016 è stato nominato tra i curatori del Padiglione Venezia per la Biennale di Architettura. Nel 2014 ha scritto la prefazione alla monografia di Joël Tettamanti “Past, Present and Future” per l’editore svizzero BENTELI Verlag! Nel 2015 è docente della residenza d’artista Bitume Photofest Serre Salentine organizzata da Positivo Diretto, e vincitore della 5° edizione del Premio Riccardo Prina con il progetto “Collapsing Stars”. Nel 2017 è vicitore ex aequo del concorso fotografico ‘150 ANNI DELLA FERROVIA DEL BRENNERO – CONNECTING PEOPLE’.

gianpaoloarena.com

landscapestories.net

calamitaproject.com

Marina Caneve

Marina Caneve (1988) è una fotografa e curatrice con formazione legata all’architettura. Vive e lavora tra l’Italia e l’Olanda. Il lavoro di Caneve si focalizza sull’inevitabile puntando l’attenzione sui cambiamenti che si dimostrano essere così prominenti da non lasciare agli uomini altra opzione che adattare la propria vita ad essi. Portando al limite i concetti di comprensione e conoscenza, la sua intenzione è quella di fornire una struttura a cose che all’apparenza sembrano troppo complesse per essere rappresentate. La sua ricerca artistica, abbinata a una particolare attitudine alla pianificazione ed all’interazione tra discipline, mira alla costruzione di un mosaico di realtà che si traduce nell’utilizzo di diverse forme di espressione, che vanno dalla fotografia, la produzione di photobook e installazioni video.

Il lavoro di Caneve è stato esposto in ambito internazionale in istituzioni quali Unseen (Amsterdam), La Biennale di Venezia (Venezia), Matèria gallery (Rome), ALT.+1000 (Switzerland), Le Murate. Progetti Arte Contemporanea (Firenze), Melkweg (Amsterdam), Fondazione Benetton (Treviso), Savignano Immagini Festival (Savignano), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), Centquatre (Parigi).

Dal 2013 è curatrice del progetto CALAMITA/À, una piattaforma di indagini e ricerche sui territori del Vajont. Per CALAMITA/À ha curato la pubblicazione del libro ‘The Walking Mountain’, 2016. Numerose le mostre collettive curate in Italia e all’estero dal 2013 ad oggi tra i quali Sifest – Savignano sul Rubicone (it), Alt. + 1000 – Rossinière (ch), Festival Circulations – Parigi (fr), Galleria Matèria – Roma (it).
Dal 2014, inoltre, cura interviste per il progetto CALAMITA/À (Simon Norfolk, Matthieu Gafsou, Rob Hornstra) e per il magazine di fotografia contemporanea Landscape Stories (Mark Steinmetz, SYB – Sybren Kuiper, Yann Gross, Cuny Janssen).

Il suo ultimo progetto ‘Are they rocks or clouds?’ è stato nominato per l’Unseen Dummy Award ed il suo lavoro compare in diverse pubblicazioni tra cui ‘The Walking Mountain’/ CALAMITA/À ed Abitare il Deserto/Osservatorio Fotografico.

marinacaneve.com
calamitaproject.com